Quell’asfissiante tentativo di ridurre le periferie a tema da campagna elettorale

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Sono sempre loro, ritornano come le rondini a primavera: improvvisamente la Città si ricorda che i quartieri popolari come quelli periferici diventano un tema da trattare, da curare, a cui dedicare attenzione. Certo, se contiamo la popolazione del San Paolo, San Girolamo, Stanic, Carbonara, Japigia, Enziteto, Loseto, Villaggio del Lavoratore, Fesca, Catino, Palese, Santo Spirito, Torre a Mare ci accorgiamo che ben il 70% dei baresi abitano in queste zone. E, dunque, diventa chiaro perché in termini elettorali il tema è di interesse.

Ed ecco che si ritorna puntualmente a discutere su come riqualificare le periferie, su quello che poteva e doveva essere fatto; a seconda che si rivesta il ruolo di amministratore uscente o di aspirante governante, si promuovono i presunti risultati della propria amministrazione o si illustrano le tante problematiche presenti. E in questo tam tam ricorrente ci si dimentica che anche quei luoghi, quegli spazi di città sono abitati da persone in carne ed ossa, da genitori sensibili e preoccupati per il futuro dei propri figli, da lavoratori frustrati dalle condizioni precarie della propria attività.

E allora per una volta la Politica si chieda perché negli ultimi decenni le periferie sono rimaste quei luoghi in cui mancano o spariscono del tutto i servizi (vedasi il centro vaccinazioni al Quartiere San Paolo di cui da anni si attende la riapertura). Perché il tasso di dispersione scolastica è il più alto della Città proprio in quei quartieri; perché il maggior numero di episodi di microcriminalità e di violenza domestica si verifica sempre nelle stesse zone. E per non parlare delle condizioni degli immobili popolari e delle condizioni di vita in cui alcune famiglie sono costrette a vivere all’interno delle proprie mura domestiche. I centri dei servizi sociali dei municipi e i centri di distribuzione dei viveri alimentari delle parrocchie vengono letteralmente presi d’assalto da parte di persone che ormai hanno smesso di sognare e si sono quasi convinte che la propria condizione sia irrecuperabile.

Non c’è tragedia più grande nel leggere nello sguardo dei giovani adolescenti di questi quartieri la convinzione che sia impossibile modificare la propria situazione, nella distorta credenza che solamente i soldi facili della malavita possano dar loro una nuova dignità. In questa condizione esasperata, dove la maggior parte dei commenti sui giornali è di gente incapace di cogliere il vero disagio dei nostri territori, ci sia un atto di orgoglio della Politica: rimettiamo le persone al primo posto nelle dinamiche e nelle strategie di rilancio dei territori.

Siamo arrivati ad un punto tale che la classe dirigente del territorio si deve assumere le proprie responsabilità: i Municipi sono rimasti quegli organismi vacui di qualsiasi utilità politica. Rimessi alle esclusive funzioni amministrative di prossimità, i pochi servizi decentrati in realtà si perdono nei meandri della macchina amministrativa, e la politica municipale si riduce a catalizzare le frustrazioni della cittadinanza che si rivolge a quei consiglieri che possono solamente camminare nei territori ma non hanno alcuno strumento reale per intervenire nell’immediatezza. E così, nella complessità delle competenze amministrative e dei rimpalli di responsabilità tra i vari uffici comunali, quelle problematiche che rendono la vita difficile per alcune persone perdono la propria reale natura e diventano un mero task da risolvere non troppo prioritario rispetto alle altre politiche di maggiore rilevanza e marketing politico.

E allora è arrivato il momento di dirlo a chiare lettere: chiunque parla oggi di periferia e non associa a questa parola il termine di decentramento amministrativo non vuole realmente rilanciare questi territori. È diventato fondamentale dare ai municipi una nuova dignità, una nuova capacità operativa, una rinnovata essenza nella forma e nei contenuti. Si cedano deleghe importanti come quelle dei lavori pubblici, come lo sviluppo economico, come la cultura. La prossima governance territoriale dovrà avere chiaro che la condizioni di benessere per un contesto urbano globale passano anche da un benessere diffuso in tutta la Città.

La macchina amministrativa deve oggi essere messa in condizione di costruire i presupposti di sviluppo dei nostri territori. Le periferie possono diventare quei luoghi dove poter davvero attuare la rivoluzione sociale e culturale della nostra società. E questo cambiamento può avvenire esclusivamente attraverso una riforma strutturata del rapporto di subordinazione (ma userei la parola cooperazione) che tra di loro hanno il Sindaco, la Giunta, il Consiglio Comunale e i Consigli Municipali.

Anche per Bari oggi è arrivato il momento di politiche mature dove la cessione di deleghe ai territori venga vista non più come privazione di poteri per l’organo centrale, ma come condizione sinergica di vero rilancio dei nostri quartieri e della nostra Città.

Pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 10 dicembre 2023.

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