Lo sfregio alla panchina di Edda e i vuoti che siamo chiamati a colmare

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ARTICOLO PUBBLICATO SULLA GAZZETTA DEL MEZZIOGIORNO DEL 28 MAGGIO 2021

Siamo alle solite. Un gruppo di ragazzi ha divelto qualche sera fa la targa commemorativa installata su una panchina di fronte alla sede del Municipio 3 di Bari al Quartiere San Paolo. La targa, in onore di Edda Cutrignelli, da sempre impegnata nel sociale nel Quartiere e scomparsa tragicamente qualche mese fa, era stata posta su una panchina dipinta in rosso a memoria di tutte le donne domenica sera.

È una cosa indegna. Come consiglieri di municipio ci siamo presi l’impegno di acquistare a nostre spese una nuova targa in onore di Edda e della sua missione sociale in questo Quartiere.

L’indignazione è anche stata esplicitata da tanti residenti al Quartiere che sui social hanno vomitato il proprio disappunto: “Per il Quartiere non c’è futuro”, “Non ci meritiamo nulla”, “Che schifo, sempre la stessa storia”, “Schifosi, siete la rovina del Quartiere”. Queste frasi sono esemplificative del malcontento popolare a seguito dell’atto vandalico.

Ma non fermiamoci all’indignazione. L’indignazione non è risolutiva, anzi, spesso è proprio ciò che non consente di focalizzare il problema e affrontarlo nella giusta direzione. La vera domanda è: “Ma è questo il problema?”

Il problema è davvero il ragazzo di turno che con qualche amico decide di riempire il proprio tempo con un’azione che priva la società di qualcosa e a lui restituisce scariche di adrenalina che si esauriscono in pochi istanti? La risposta è ovviamente no. Non sono un “professorone”, non ho particolare cultura sui temi sociali, se non solo una sensibilità innata verso i tempi di prossimità avendo abitato e vissuto in zone periferiche da sempre. Sono nato al San Paolo, cresciuto ad Enziteto, lì ho fatto le scuole, e poi da quasi 20 anni sono ritornato con la mia famiglia al San Paolo. Sono stato anche io ragazzo di strada e sono certo che l’atto vandalico a cui abbiamo assistito ieri e a cui assistiamo sovente non è il problema.

Al più è una conseguenza del problema. Il problema su cui ci dovremmo soffermare è la risposta alla domanda “Ma cosa spinge un ragazzo a deturpare il bene pubblico, a non avere rispetto dei morti, ad andare contro le volontà della comunità di avere una targa simbolo di lotta alla violenza sulle donne?”

No, questi ragazzi non sono irrispettosi, non ce l’hanno con Edda e spesso hanno una sensibilità che chi giudica dall’alto verso il basso non capirà mai. Questi ragazzi vivono un vuoto esistenziale, manca loro qualcosa da fare. E spesso hanno bisogno di questi atti per rivendicare la propria presenza, per gridare a tutti noi “Ci sono anche io qui!”

Questa non è retorica. È una vera e propria questione politica. Dobbiamo investire sui servizi sociali, sulle realtà del terzo settore. Basta alle politiche pensate dall’alto verso il basso: non servono progetti costruiti sui tavoli istituzionali e portati nei quartieri periferici. Basta “riempire” le nostre zone di iniziative progettualmente perfette ma sostanzialmente sterili.  Semplifichiamo i processi per accedere ai micro-finanziamenti pubblici che consentirebbero di far aderire ai bandi gli animatori sociali veri, quelli che da sempre lavorano in prossimità e che spesso vengono esclusi perché mancano di requisiti.

Servono attività vere che rispondano alle esigenze del territorio. Ripartiamo dal confronto con la cittadinanza, dagli incontri con i comitati di Quartiere, con gli oratori. Sono loro le vere “sentinelle” della società, sono loro gli unici che possano fornire ai decision maker elementi per prendere decisioni che non guardino solo la punta dell’iceberg del problema ma riescano davvero ad entrare nell’epiderma sociale della natura altamente complessa della devianza giovanile.

E lancio un appello a tutti i consiglieri con i quali stiamo pensando di riacquistare la nuova targa commemorativa. Coinvolgiamo i ragazzi di Via Candura al San Paolo e invitiamoli alla nuova posa della stessa. Saranno loro i primi a preservare quel bene e far sì che sia un fiore all’occhiello della collettività.

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